Castel D’Alfiolo: quando per San Martino, ogni mosto è vino

Castel D'AlfioloGUBBIO (Castel d’Alfiolo) – Vale sempre il vecchio detto che per San Martino ogni mosto è vino. Soprattutto nelle nostre campagne, ancora intrise di quella trama sottile di magia e credenze popolare, un substrato ancora fertile, dove spesso, soprattutto quando si parla di vino, valgono i vecchi detti, le esperienze tramandate dai padri e dai nonni, ai quali si da un valore e un rispetto assoluti. E così, nella campagna eugubina, nell’antico sito di Castel d’Alfiolo, nel giorno di San Martino, si svina. Si ripete il rito: il mosto si è ormai fatto vino. La storia del castello, già Abbazia, risale addirittura al nuovo millennio, all’anno mille, si intreccia con Ottone III e Federico da Monte Feltro; sullo sfondo delle dispute tra Guelfi e Ghibellini, si snoda tra le crociate e la terribile peste; ma soprattutto con l’assedio che fecero le città legate a Perugia, contro Gubbio. Castel d’Alfiolo è infatti l’ultimo baluardo posto ad Est, prima delle mura urbiche. Una torre di guardia, l’Abbazia e il castello, come ogni castello che si rispetti, sono legati a storie e leggende che li avvolgono di un fascino ancora vivo e fervido. Ma lotte e leggende, dal fascino e dal gusto medievale, hanno lasciato il posto a leggende e racconti di tutt’altro genere: quello enologico. Si narra infatti che i vecchi proprietari nell’800, portarono dal Piemonte barbatelle di Nebbiolo, che qui trovarono territorio, clima e terreno, fertile per dare un ottimo vino, ancora fortemente rinomato, come uno dei migliori del comune di Gubbio. Tanto anche il famoso enogastonomo Veronelli, lo lodava e parlava del Nebbiolo di Gubbio, che ottimo lo si può trovare solo da qualche contadino. La leggenda, oggi giorno rischia di perdere i suoi connotati di fascino, a causa delle nuove tecniche che hanno portato a classificare i vitigni, alle ricerche storiche d’archivio che gettano una luce tutta fatta di dati di fatto. Ma a porre rimedio ci sono i nuovi proprietari del castello, la famiglia Vannucci di Macerata, che attratti dal fascino antico, dalle radici storiche, e dal senso di appartenenza che ancora si respira a Gubbio, lavorano nel mantenere le tradizioni e questo senso storico tramandato a voce e a lavoro. E così, il buon vecchio e caro “Nebbiolo”, anche se è una cuveè di diversi vitigni tra i quali spicca la Barbera, non manca il Nebbiolo e il dolcetto, nella vecchia vigna che ha ormai più di 30 anni; è stata piantata anche una vigna tutta di Nebbiolo, che ha raggiunto i suoi primi 5 anni. Ed ora si aspettano le prospettive di un ottimo vino. Insomma, sembra proprio un angolo di Piemonte in terra eugubina. E da poche settimane addirittura il Nebbiolo è entrato nel disciplinare di produzione; infatti, per negligenza era stato dimenticato. Chi lo sa, forse… inizierà un nuovo periodo per la produzione di questi vini, che caratterizzano il territorio, gli danno un’identità storica ed eno-sociale, fatta di tradizioni e ricordi, fatta di attaccamento al territorio e alla vigna; fatta di persone e passioni.