CPIA: accoglienza e nuova opportunità formativa

CPIA CONVEGNOPERUGIA – Mercoledì 23 marzo alle 9.30 c/o la Sede Centrale – Perugia 12 Ponte San Giovanni – con un convegno avente per tema “IL CPIA SI PRESENTA: NUOVA OPPORTUNITA’ FORMATIVA”. Ad introdurre i lavori il Dirigente Scolastico Dr.ssa Annamaria Piccionne ed il Vicario Prof. Mauro Francia, unitamente alla Prof.ssa  Alessandra Tiroli;  presenzieranno il Sindaco di Perugia e rappresentanti della Regione, Provincia, Ufficio Scolastico Regionale, ed i Direttori delle carceri di Capanne e Spoleto. I docenti delle diverse sedi  presenteranno le attività dei centri di appartenenza, integrate da quelle di alcuni studenti. In un momento nel quale in tutta Europa, regnano sovrani caos e mancanza di chiarezza sulla condizione degli immigrati siano essi profughi o rifugiati – comunque un’umanità che fugge da guerre e fame -, in Italia, nonostante la percezione della popolazione nei confronti del flusso migratorio sia per lo più erronea, e vi siano deficienze strutturali, si distinguono sul territorio per la loro attività i CPIA (Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti). Le finalità del Centro si possono ritrovare in un percorso di alfabetizzazione culturale e funzionale, consolidamento e  promozione culturale, rimotivazione ed orientamento degli adulti, nonchè l’acquisizione e il consolidamento di conoscenze, abilità e competenze specifiche, finalizzate anche alla riqualificazione professionale. Con il recupero della scolarizzazione di base, intende contrastare l’analfabetismo di ritorno e funzionale, arricchire e rafforzare le competenze di base e le nuove abilità che possono favorire una partecipazione attiva alla vita sociale. A Perugia il CPIA è stato Istituito nell’a.s. 2014/15 e la sua sede si trova presso la Scuola Secondaria di primo grado dell’Istituto Comprensivo “Perugia12”  a Ponte San Giovanni (PG). Riunisce i 5 Centri Territoriali Permanenti (C.T.P.) già esistenti nel territorio della provincia: Perugia, Città di Castello ,Foligno ,Gualdo Tadino, Spoleto.  Sono gli studenti che hanno trovato nel Centro un gran punto di riferimento avendo l’opportunità, tra le altre, di apprendere la lingua italiana e, direi, che l’accoglienza è diventata la sua cifra stilistica; è il momento in cui gli stranieri, entrano nei locali della scuola, e chiedono informazioni sull’insegnamento della lingua italiana. Sono più di 10 anni che vivo con loro, in mezzo a loro, ne condivido le storie, le vite ed ogni volta si rinnova lo stupore, il dolore spesso misto a rabbia perché mi riesce difficile accettare che un padre o una madre debbano lasciare i loro figli e non vederli magari per qualche anno, per cercare lavoro, o ancora rinunciare ai loro incarichi in patria per fare le badanti o le cameriere d’albergo. Sono alla ricerca di una nuova terra, di una vita diversa, hanno operato scelte coraggiose e sofferte decidendo di percorrere una strada che dovrebbe condurre ad una integrazione ardua ed impervia. Molti di loro, chi per consapevole scelta, chi costretto dalle circostanze ha iniziato un viaggio “nel buio”, per cercare stabilità, per ricominciare e ricominciare ancora, alla scoperta di nuovi spazi geografici dell’anima e della mente, costruendo un’ ideale mappa in cui meglio orientarsi e ritrovare nel tempo, spiriti e luoghi, sensazioni e momenti, che avrebbero portato con loro. Ho sempre cercato i loro sguardi, ho cercato di penetrarli; vi leggevo incertezza, insicurezza, speranza, mai paura. E’ stato difficile essere solo un insegnante e spesso ho sostituito la parola con il sorriso: fortunatamente è un linguaggio universale e ci siamo capiti. Li ho anche presi “bonariamente” in giro ed ho anche deriso me stesso, ed hanno riso. Quando abbiamo incominciato a costruire discorsi compiuti, per quanto incerti, la nostra comunicazione è divenuta più fluida e ci siamo raccontati: usi, abitudini, religioni, matrimoni, mogli, figli e via via che si procedeva mi si apriva un mondo; quel mondo del quale – chissà per quale arcano motivo – noi soli ci sentiamo depositari. Credo che per tutto questo, da un punto di vista didattico – formativo, e ritengo soprattutto umano, il CPIA abbia ragione non solo di esistere ma di godere di quella visibilità che spesso gli è negata: dare la possibilità ad un individuo, qualsivoglia essere la sua pelle o religione di poter affermare, lui con noi docenti e noi docenti con lui che “Io appartengo all’unica razza che conosco, quella umana”.