I ribelli del Bitto e gli artigiani del vino della Valtellina

Bitto-storicoCORCIANO (PG) – Nella cornice del centro Storico, la delegazione perugina dell’AIS, ha tenuto una degustazione quantomeno memorabile, dedicata al Bitto Storico e ai vini della Valtellina. La regione alpina, conserva intatte le sue caratteristiche di naturalità dove ancora la pastorizia usufruisce degli alpeggi e i casari, per la lavorazione del formaggio ancora si appoggiano alle antiche strutture create dai Celti; i vignaioli portano avanti un lavoro veramente eroico, inerpicati in pendenze a volte roccambolesche, con la sistemazione di muretti a secco che trattengono la terra. A volte i muretti sembrano aggrapparsi al cielo e le vigne protendere i rami e i grappoli al sole, quasi sospese in un respiro tra cielo e terra. Piccoli paesi arroccati, chiese isolate dominano dall’alto i vigneti strappati ai boschi, in un lavoro secolare tra paesi i cui nomi indicano le caratteristiche del territorio: Sassella, Inferno, vigna Paradiso. Insomma, il lavoro dell’uomo ha creato un paesaggio, adattandosi alle condizioni migliori; a sfidato il tempo in un’ogiva di lavoro e pazienza. E i valori che hanno attraversato il tempo arrivano a noi con il Bitto storico, prodotto solo in 1.500 forme, e in ben determinati alpeggi e con una lavorazione assolutamente manuale e tradizionale: assolutamente Vera! Da tenere conto di questa piccola breve frase, stando a vedere il panorama agroalimentare odierno. Un formaggio, il Bitto storico che richiede pazienza e amore per le proprie origini, un lavoro che riesce a tenere unito il territorio, la biodiversità animale e vegetale, con il lavoro dell’uomo. Una vera e propria rarità. E tutto questo poi, lo ritroviamo in un formaggio che sembra essere immortale, vista la sua capacità di attraversare il tempo; e vini, altrettanto schietti e longevo. Prodotti non solo caratteristici, di qualità, ma senza dubbio prodotti che sanno raccontare il territorio grazie alla loro personalità. Ma tutto questo è impensabile senza la tenacia e il lavoro di mani che ancora sono dedite al lavoro e attaccate alla tradizione; pastori e caseari, ma anche affinatori che riescono a non far morire le tradizioni e nello stesso tempo a lottare con una modernità che vuole le cose più facili, ma poi, non sono quelle vere, sincere e originali, che ha dato vita a i Ribelli del Bitto. Sono quei piccoli produttori che lottano per staccare il nome Bitto dalla DOP, che è andata a snaturalizzare il prodotto. Così, in questa cornice abbiamo avuto la fortuna di degustare il bitto storico nella sua evoluzione: 2015, 2011, 2005, 2001, grazie al degustatore AIS e delegato di Perugia, Pietro Marchi, e un attento escursus sui vini Valtellina Superiore e Sforzato tra le vigne di Sassella e Inferno, tra piccoli produttori che sono riusciti a darci un emozionante sensazione e un ricordo dell’espressione significativa del Nebbiolo, che in Valtellina si chiama Chiavennasca. Un’espressione di questo vitigno tutta Valtellinese, con vini meno importanti e impegnativi rispetto al Nebbiolo piemontese e ai grandi nomi, come Barolo. Vini forse meno strutturati, con un tannino meno invadente, dalla freschezza spiccata e da una tutta personale finezza montana; inconfondibile già dal colore, garante della sua schiettezza e del suo attaccamento al territorio Valtellinese, di cui è diventato espressione. Un abbinamento perfetto tra il Bitto storico e i vini Valtellina Superiore, ma un abbinamento perfetto tra terra, uomo, vigne, pascoli, tradizioni e biodiversità. Qui, la tradizione è un modo di vivere normale, è un quotidiano assoluto. Tutto il resta sembra veramente appartenere ad altro.