Un nuovo spazio per l’altra metà

ROSA-PETRUCCELLIPERUGIA – Presentata presso gli “Ostinati Enoteca Wine Restaurant” a Perugia, ha debuttato – per i tipi della Bertoni Editore – con il suo primo libro di poesie “L’altra metà”, la poetessa Rosa Petruccelli. La raccolta si avvale della prefazione di Sergio Carrivale e di una postfazione di Barbara Bracci. La raccolta è impreziosita dai disegni della pittrice Mari Mantovani. Siamo tutti, indistintamente, convinti che la nostra vita – sia che ci rimiriamo allo specchio oppure no – sia vissuta nella propria interezza, perché è così che ci cogliamo… interi. Di primo acchito, al nostro primo approccio sociale, noi “vediamo” l’insieme, momentaneamente incapaci, o impossibilitati, di andare oltre con lo sguardo. Ci fermiamo all’apparenza, spesso condannandoci alla superficialità, perché l’ansia del vivere o il vivere con tutto il suo caleidoscopico gioco di colori che spesso la vita vira dal bianco al grigio/nero, ci offrono la sponda per non affrontare “una civiltà che ormai ha perso la propria dimensione umana” (Carrivale). Una superficialità, in cui abbiamo irretito la nostra persona – rendendola incapace di esprimersi, e che c’impedisce di cogliere “la nostra vita quotidiana piena di piccole luci che ci impediscono di vederne una più grande.”  Ma fortunatamente, arriva il momento che una parte di noi decide di prendere il sopravvento ( o più semplicemente siamo noi che glielo concediamo?) sì da esprimere il nostro sentito attraverso il mezzo anche quello più impensato – o mai pensato – ed impensabile; del quale “forse” non eravamo a conoscenza o, se lo conoscevamo, lo costringevamo in un angolo scientemente o perché assillati dalla quotidianità.  E’ così che almeno, dovrebbe rivelarsi “l’altra metà” di ognuno, intesa come scoperta della profondità del nostro essere, non l’abusato lato oscuro ma l’amore per noi stessi. Ed è questa l’operazione che ha compiuto su di sé Rosa Petruccelli, apprestandosi alla sua opera prima. Avvocato di professione “Sono diventata avvocato con il duro lavoro,ma poetessa invece lo sono nata”, ella propone una variegata gamma di composizioni; la monotematicità non le appartiene – indubbio che la sua professione v’influisca– mentre le è propria la capacità d’investirsi di tematiche che vanno dal personale come il delicato ed al contempo amaro ritratto che l’autrice fa di sé (“Una rosa bianca/riflessa nello stagno[…]”) allo spirituale laddove in un metamorfico viaggio si trasforma proiettandosi, non passivamente, verso il mondo esterno divenendo con esso un tutt’uno (“[…]Mi trasformai nel vento[…]” o “[…]il tutto si trasforma in nulla[…]”, per sfociare nel sociale.  Le poesie di Rosa Petruccelli si svolgono in un disordine armonico dove le parole nella loro compostezza e chiarezza contribuiscono all’uniformità di un testo – visto nella sua globalità – che risente delle sismografiche reazioni emotive. Alla vacuità dell’esistenza ed alle incertezze delle trame d’amore (“Ho l’impressione che -prima e dopo di te/ci sia il nulla”) cui corrispondono le inevitabili ricerche di una risposta, l’autrice si appella al nutrimento dell’anima “poesia unica compagna[…]”, àncora salvifica che consente di sfuggire alle sanguinolente ferite di una vita che a fatica sembra aver regalato alcunché, se non amarezza per qualcosa che poteva essere e non è stato: si tratta di una maternità, dai risvolti tragici. La gravidanza non e’ godimento, piacere dell’essere donna. Qui l’utero e’ inteso e vissuto come tomba, non piu’ terra fertile ove possa germogliare il seme della vita. (“[…] ti voglio scrivere una lettera/ mentre guardo il mondo[…]”); una interiore rabbia di figlia (“Mia madre è stata la mia carceriera”[…]”) che esplode nella consapevolezza d’esser stata fatta per divenire donna. La serenità che in molti versi pare trasparire fin dal titolo, subito viene veicolata per altri lidi nella constatazione che qualsivoglia elemento, sia esso della natura che appartenente all’Universo a poco o nulla, contribuisce ad alleviare il destino d’ogni essere umano. Storia e sociale si compenetrano nella tragedia, nel fragoroso silenzio che contrappunta “la soluzione finale” (“Sudici/ allineati i fila/ passo dopo passo[…]/ diretti verso il grande forno[…]”) all’autismo (“[…] Prigioniero/ in un recinto quadrato/ che delimita/ il suo mondo isolato[…]”) fino alla violenza sulle donne (“[…] Due occhi grandi/ che illuminano la morte”). Molteplici aspetti che ellitticamente appartengono al componimento più breve della raccolta “Un robot ha sostituito Adamo” :un incipit esistenziale, la scoperta del monolite che ingabbia, illude ed allude ad uno stato di omologabilità. Sono essenziali, sferzanti le parole di Rosa Petruccelli; disturbano il nostro sentire come una sinfonia che abbandona i toni classici per sposare un cromatismo dodecafonico. Camminare tra le righe della poesia di Rosa è impervio…s’inciampa comunque, laddove anche l’attesa possa risultare piacevole, nel disinganno di una realtà cui solo il poetare può offrire il liberatorio respiro. Il quale ben si coglie nei disegni dell’artista Mari Mantovani che accompagnano molti titoli della silloge. Anche là dove il tratto – che risente di richiami Liberty e Klimtiani – denuncia un malessere di vivere, nei volti di donna non viene mai meno l’ironico sorriso del distacco, quella capacità di sollevarsi da terra – anche poco – per “Rotolarsi/tra le nuvole/senza paura/di cadere”.