L’adolescenziale maturità di Brisa Brisa è nativa di Roma ha vissuto e studiato oltre ché in Italia in Svizzera, Spagna, Inghilterra fino a quando si è definitivamente trasferita a Buenos Ayres, in Argentina.

BrisaPERUGIA – Capita, a volte, che andando a recensire un’opera – di qualsivoglia genere essa sia – si sia attratti non solo dal nome dell’autore – e dal suo eventuale pseudonimo – ma anche da quello della casa editrice, che spesso rivela l’anima del suo fondatore. E’ questo il caso, dell’incontro tra editore ed autore, nel caso specifico autrice, laddove i due nomi si rivelano alquanto ermetici. Ma andiamo con ordine. Miðgarðr, anglicizzato Midgard, (Midjungards in gotico e Middangeard Antico inglese) è un antico nome germanico per il nostro mondo, il mondo degli uomini, con il significato letterale “Recinto nel mezzo”, o anche “terra di mezzo”. Termine quest’ultimo che riconduce al ben noto “Il Signore degli anelli” di Tolkien, e che identifica il marchio indipendente ed underground creato su iniziativa di Fabrizio Bandini, che ha delineato in modo chiaro e netto la sua linea editoriale puntando sopratutto a pubblicare scrittori di talento, esordienti e non, con interessanti opere di narrativa, saggistica e poesia, che non trovano spazio nel panorama editoriale italiano. L’autrice, è Fabrizia Fioroni, in arte Brisa che ha pubblicato per i tipi della Midgard il suo primo libro di poesia “Frammenti”. Singolare la storia dei due: già compagni di scuola alle medie, si sono persi di vista per parecchi anni. Lei, che è nativa di Roma ha vissuto e studiato oltre ché in Italia in Svizzera, Spagna, Inghilterra fino a quando si è definitivamente trasferita a Buenos Ayres, in Argentina. Non è dato sapere quale sia stata la loro “terra di mezzo” a favorire l’ incontro a distanza di tempo; fatto è che la nostra giovane poetessa ha colto l’occasione della pubblicazione per presentare la sua opera prima presso i locali di “Umbrò” reincontrando così il suo passato. Un passato che riverbera nei suoi versi che ricoprono quel non facile periodo dell’età di ognuno di noi che va dall’adolescenza alla giovinezza. Un tempo di mutamenti, di repentine mutazioni non solo del corpo ma anche dell’anima, vissute sul limine di un tempo che va dall’alba al crepuscolo; dove ogni cosa non è la stessa del giorno prima, o ancora, dell’attimo prima. Gioie sorrisi, delusioni e fragili dolori s’alternano alla ricerca d’una soluzione se non d’una risposta. Un passato che la nostra giovane poetessa esprime con l’espandersi delle sue emozioni, cogliendo in queste la luce di una verità. Alla ricerca del suo compiuto, per quanto possa dirsi “compiuta” un’età di passaggio, nel tentativo di riconoscerlo osservarlo nel suo divenire linguaggio… E Fabrizia subisce ella stessa una metamorfosi tramutandosi in Brisa; è lei a dirci come questo è avvenuto: “Arrivata in Argentina, all’università compagni e professori pronunciavano male il mio nome, Fabrisia invece di Fabrizia. Da Fabrisia è diventato Fabrisa e poi è rimasto Brisa per comodità… ma Brisa significa Brezza, un leggero e piacevole venticello, Brisa del mar, Brisa del sur… quindi io, che attraverso il vento ho sempre riconosciuto gli abbracci di una persona persa tanti anni fa, mi ci sono subito identificata… in fondo il libro è stato scritto da Fabrizia, ma è stata Brisa che ha trovato il coraggio di pubblicarlo”. Così nasce questo “Frammenti” che, a dispetto della giovane età in cui è stato generato, lascia da subito intuire quanta ricchezza, quanta maturità abbiano albergato nell’animo della scrittrice che svolge un’indagine su se stessa rivelando emozioni, aspettative, fuggevoli occasioni e rinnovate passioni, non sottraendosi al gioco, talvolta impietoso, delle luci ed ombre di cui è tinteggiata la vita. E’ la sua coscienza che parla, vuole procedere oltre ponendosi come cammino e non come meta. Il cammino è la tappa che le permette di costruire un altro sentiero…..qualora questo si fosse interrotto…la sua poesia è metafisica nel fisico, da riuscire a decifrare, da leggere perché l’anima conosce altri linguaggi. Quello che colpisce nei versi di Fabrizia/Brisa – ancor più non potendo sottrarsi il pensiero all’immagine della sua giovanile etade – è la loro asciuttezza; restituisce e rende le parole padroneggiandole con accostamenti mai audaci; ella gioca con il verbo lasciandosi andare volentieri a speculazioni filosofiche (“…timore di sprofondare…./….curiosità di ricominciare….”, o ancora “Se riuscissi/a pensare di non pensare/pensando,/mi preoccuperei meno/di ciò che potrei pensare”), laddove le considerazioni sul tempo che va e che è destinato a togliere molto e concedere poco, sembrano arenarsi in una sorta di contraddizione: ma come non potrebbe essere, insisto, visto l’arco di tempo della scrittura? Che forse lo scrivere ed il pensare adulto si discostano da analoghe considerazioni? “Il futuro/ è formato da tanti piccoli presenti/ che diventano poi passato” che pare porsi in antitesi con quest’ altri versi “Il presente/non potrà mai esistere./Il presente/ è un punto indefinito/ tra passato e futuro”. Sorprende una precoce aura pessimistica “Anche un attimo di gioia /è un attimo di vita in meno”, che si perpetua nella reiterazione della parola “lacrime”; ben 13 volte ricorre il termine o ad esso similare, ad indicare una condizione d’irrisolta condizione, che si placa nell’ approdo “dell’unico punto buio che era in me”, la realtà o in quel grigio d’un presente avaro o d’un futuro incerto. Velata di malinconia, è difficile trovare un accenno di speranza nel verseggiare di Brisa, anche le parole d’amore (poche in vero) si spandono in lamentazioni. L’invocazione del nome dell’amato al cielo nella speranza d’eternare l’amore s’appella allo spargimento di lacrime di gioia, ma pur sempre lacrime. E’ indubbio che raccogliendo passo passo questi frammenti di vita, quello specchio della nostra esistenza frantumato e che rifrange spettri di luce, difficilmente si possa ricomporre un ordinato e compiuto puzzle. Nè, credo, sia l’intendimento della poetessa che segna questo suo percorso dell’allora limitata esperienza umana – ma quanto limitata se il giovanile pensiero par prendere per mano e condurre la donna che sarà, alla ricerca di quelle mutevoli nuvole che ora sono e poi non sono più? – lungo una via che è si riflessione che è sì tormento, che vuole essere sì un duttile messaggio ma che, mi sia concesso dire, è la rugiada dei nostri verdi anni, patiti sofferti latori di buone e cattive novelle ma che con la grazia di un sorriso dissolvono nell’alba nuova d’una rinnovata spensierata stagione. Forse basterà una leggera brezza.