Omaggio a Mauro de Baldone Un giorno tutto di corsa dalla mattina alla sera con il fiato sospeso: dal suo adorato campanone, alla spallata al suo amato Cero di cui è anche stato Capodieci; era l'instancabile corsa di Mauro, per suonare il campanone e portare il Cero di Sant'Antonio

In quest’anno così strano, in cui la coscienza ci mette difronte scelte forzate, ho voluto rendere un omaggio a Mauro de Baldone, come uomo sensibile, ceraiolo autentico e campanaro audace.

Festa dei Ceri-inUn giorno tutto di corsa era quello di Mauro. Oggi guarda il suo amato Cero, quello di Sant’Antonio e la corsa dall’alto della torretta campanaria del palazzo dei Consoli. Attende l’attimo di suonare il campanone. Di far vibrare l’emozione nell’aria.
“Ma quando ero giovane, non era così. Quando ero giovane, riuscivo sia a suonare il campanone che a portare il Cero. E lo portavo in diversi punti della città. Anche sul monte. Tranne quando sono stato Capodieci.”.
Mauro Mengoni è conosciuto da tutti. Ceraiolo della vecchia generazione e campanaro da più di quaranta anni. “la prima volta che sono salito sulla torretta campanaria per suonare il campanone era il 1966. non sono più sceso”!
Ma, Mauro era anche un appassionato ceraiolo. E grazie al suo carattere instancabile, riusciva a portare il Cero di Sant’Antonio in più punti della città. Dopo tutto erano altri tempi e noi ceraioli, riuscivamo a prendere i ceri più volte durante la corsa. “Mi sembra che c’era anche uno spirito diverso rispetto ad oggi, un legame incondizionato con il Cero”.
Mauro scendeva di corsa dalla torretta, lasciando per un po il suo Campanone. Era un po come un’anima divisa a metà, il giorno dei Ceri.
Ma, se è riuscito sia a continuare a suonare che a portare il Cero, Mauro lo deve ai suoi compagni campanari, e alla loro disponibilità. Ma non è stato facile. A volte rischiava di non arrivare in tempo all’appuntamento con Sant’Antonio; ma la difficoltà maggiore era quella di tornare in tempo per le ultime suonate della sera del campanone. Infatti un periodo prendeva il Cero nell’ultimo stradone del monte, all’arrivo in Basilica. Così doveva tornare al palazzo dei consoli di corsa…. ma poi si è fatto spostare, nell’ultima Cappelluccia, per essere precisi, così aveva più tempo, riuscendo a suonare gli ultimi rintocchi del suo amato Campanone, in onore del giorno più bello. Ma ha dovuto lasciare anche alcuni punti in città, come quello lungo Corso Garibaldi. Il dispiacere è stato grande, ma necessario.
Però, per lui, è sempre stata una grande soddisfazione riuscire a continuare a portare il Cero e non smettere di suonare, dopo tutto, come dice lo stesso Mauro, non si smette mai di essere Ceraiolo.
E dopo tutto, è sempre stato un ceraiolo al quale hanno voluto bene tutti. È anche per questo motivo che è stato eletto ad unanimità capodieci. Ecco, non se lo aspettava, infatti, come racconta “ ero già a letto quando un gruppetto è passato a darmi la buona notizia, subito festeggiata con un buon bicchiere di vino rosso” che a casa sua non manca mai, soprattutto per gli amici.
Ora, non è più così, dice visibilmente amareggiato. Ma le cose cambiano. Eppure quel giorno non si può dimenticare, mai. Dopo tutto vanta anche un primato, a sua memoria infatti, nessun campanaro ha alzato anche il Cero. E lui, con tutto il suo forte sentimento di ceraiolo e campanaro, prima del lancio della brocca, si è girato verso i suoi compagni, verso il suo campanone e con tutta lo slancio che aveva nel cuore, che superava la paura e l’emozione, ha salutato i suoi campanari, il suo campanone.
Per vecchiaia ha lasciato il cero ed il posto ai più giovani, ma gli resta ancora molto difficile lasciare il campanone, lo sente anche un po suo, anche lui contribuisce a dargli voce.
Forse, non lo lascerà mai veramente.
Un amore folle. “È un sentimento troppo forte, troppo bello”, mi dice, “troppo coinvolgente, ora che non porto più il cero, ho sempre il mio campanone, da dove posso seguire anche alcune delle parti della festa”.
Mauro si definisce innamorato del campanone, come del cero, del resto, ma quel suono che ti vibra nel cuore, “ti prende per tutta la vita, non si può dimenticare e nemmeno ignorare, non ti stanca mai, come non ti stanchi mai di suonare, ogni volta è come fosse una prima volta, le stesse emozioni, le stesse attenzioni… lo stesso formicolio nelle mani, nell’attesa del primo rintocco”. Dopo tutto è anche un pò pericoloso e racconta che negli anni non è mancato chi si è fatto male, senza gravi conseguenze, per fortuna,ma è rimasto comunque fino all’ultimo a suonare. E poi ci sono le persone che vengono coinvolte dal suono del nostro campanone, pur stando laggiù, nella piazza, anche se non suonano, si sentono partecipi.
E il suono che attraversa la città, raggiunge anche chi è più lontano, la campagna e la natura, sembra rispondere, porre un momento di attenzione.
“È una cosa veramente molto bella”.
Forse è per tutto questo insieme e mescolanza di esperienza e sentimenti, che gli resta veramente difficile abbandonare la torretta del campanone. E mi fa un esempio. “Dopo tutto chi da lontano torna a Gubbio, è il primo luogo dove va: ad ascoltare il suono e se possibile proprio lassù in cima”. E poi, c’è la festa vera e propria, la corsa, il Cero e i santantoniari: l’amicizia. Mauro sembra un po’ rammaricato, dopo tutto l’amicizia e quel sentimento di partecipazione e di affiatamento reciproco, sembra non esserci più, oggi tra i ceraioli. Ma i tempi cambiano. Eppure tra tanti cambiamenti la festa dei Ceri è sempre la stessa: coinvolgente, appassionante. “la festa dei Ceri non la puoi spiegare, è come spiegare i colori ad una persona ceca. Non si può” dice Mauro de Baldone. ecco, quest’anno non vedremo i Ceri, non c’è Mauro a sdrammatizzare, ma tutto il popolo, non è ceco.