Tesori dell'Umbria

Dall’Umbria la sfida per produrre luppolo e birra totalmente Made in Italy

Luppolo Made in Italy_filiera del luppolo_grafica-inParte dall’Umbria una filiera dall’alto valore aggiunto, moderna, competitiva, sostenibile, redditizia per gli agricoltori e di grande qualità, ed è il territorio dell’Altotevere in particolare, anche per la connessione con la coltura del tabacco, luogo ideale per creare il più grande distretto di produzione biologica di luppolo.
Questi sono stati alcuni dei temi al centro del convegno “Luppolo Made in Italy: la Filiera del Luppolo italiano”, in modalità streaming con Ministero Sviluppo Economico (Mise), Ministero Agricoltura (Mipaaf), Regione Umbria, Assobirra e UnionBirrai, con oltre 500 adesioni. L’obiettivo principale è quello di arrivare ad un piano nazionale di settore per sostenere la filiera che caratterizzi il luppolo come la nuova eccellenza italiana nel mondo.
Si guarda quindi anche al mercato internazionale, per dare una grande spinta a tutto il movimento delle birre artigianali sia umbre che italiane.
Prossima tappa sarà la presentazione della nuova veste di Luppolo Made in Italy con una compagine più forte economicamente, produttivamente e in termini organizzativi.
Il luppolo italiano sia per produrre birra italiana sia per chi vorrà dare italianità alle sue birre, occupare a regime dal 3,5 all’8% del mercato globale con 5mila ettari coltivati e oltre 300 milioni di euro di valore: questo l’obiettivo a lungo termine, “il gol finale”, annunciato durante il convegno “Luppolo Made in Italy: la Filiera del Luppolo italiano. Il confronto ha costituito una nuova tappa fondamentale per la nascita di una filiera moderna, competitiva, sostenibile e di grande qualità, con il cuore economico, produttivo e organizzativo in Umbria. Dopo due anni di sperimentazione in campo e tre anni di attività, la Rete di imprese vede al momento 12 aziende agricole, agroalimentari e di innovazione tecnologica “Luppolo Made in Italy”, con sede a Città di Castello e presieduta da Stefano Fancelli, ha organizzato questo momento di confronto per presentare il percorso fatto ma soprattutto per costruire passo dopo passo la filiera confrontandosi con istituzioni, produttori, stakeholders per coinvolgere una platea vasta dando l’idea di una azione collettiva per portare ricchezza ad agricoltori, territori e birrifici.
Luppolo italiano visto quindi come la nuova eccellenza del Made in Italy nel mondo, puntando a competere con i luppoli che fanno moda a livello internazionale. E questa crescita dell’agricoltura di qualità legata al luppolo parte dall’Umbria e in particolare dall’Altotevere, territorio ideale per trasformarsi anche in un grande distretto di produzione biologica di luppolo e puntare quindi anche al mercato mondiale.
I numeri in Umbria, considerando che le piante di luppolo vanno in piena produzione al terzo anno di impianto, vedono attualmente un 60-70% del target di produzione con oltre 3 ettari sperimentali e in gran parte biologici e distribuiti in diverse area del territorio regionale (Media valle umbra e Trasimeno) e non solo in Altotevere.
Oltre 500 gli auditori che si sono collegati con il convegno online, tra homebrewer, birrifici artigianali, nonché diversi manager delle multinazionali proprietarie dei marchi italiani, grandi players del mercato della birra e del mondo della produzione oltre ad aziende agricole, agronomi, e appassionati di birra. Tra i principali relatori il sottosegretario del Mipaaf Giuseppe L’Abbate, il sottosegretario del Mise Gian Paolo Manzella, l’assessore regionale all’agricoltura Roberto Morroni, e Michele Cason, presidente di Assobirra, Andrea Soncini di UnionBirrai.
Si stanno unendo molte eccellenze attraverso la rete per avere un progetto di ricerca con visione condivisa tra i produttori di luppolo italiano ma occorre anche arrivare ad un piano nazionale di settore per sostenere la filiera per essere competitivi.
Il cuore umbro della filiera si propone quindi di rappresentare un punto di riferimento a livello nazionale, in termini di ricerca, produzione, trasformazione e commercializzazione.
Rete e filiera sostenute dalla Regione Umbria, grazie alla Misura sulla cooperazione e innovazione delle Reti di nuova costituzione del Piano di Sviluppo.
A dare solidità scientifica al progetto ci sono infatti sia il CERB, che coordina quindi le attività di ricerca e innovazione, sia il CNR IBBR, un istituto specializzato nella genetica che è riuscito a recuperare solo nel territorio umbro ben 40 ecotipi di luppolo autoctoni.
Su queste basi ‘Luppolo Made in Italy’ sta lavorando per la creazione di nuove varietà a base genetica italiana per un prodotto di eccellenza e di altissima qualità. Un progetto di ricerca in cui è centrale il tema dell’innovazione e della sostenibilità (economica, sociale e ambientale).
Il progetto “Luppolo Made in Italy” è articolato su tre opzioni di coltura: in campo convenzionale, biologico ma anche indoor. Relativamente a quest’ultimo tipo di produzione Alessio Saccoccio ha presentato la Start-up innovativa Idroluppolo che fa parte della Rete di imprese.
Oltre alla produzione della birra sono molti altri i campi di applicazione del luppolo, come è stato infine ricordato: per la produzione di prodotti medicinali e cosmetici, di cooking e preparati alimentari, di floricoltura e vivaismo, per alimentazione animale e allevamento. Gli scarti, inoltre, hanno grandi potenzialità nel tessile, nel cordame e, in un’ottica circolare, anche nel settore delle bioenergie.

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