Sgarbi racconta Burri, come esempio per l’Umbria

Burri 2Una lezione importante quella di Vittorio Sgarbi, su Burri come artista eccellente e uomo coerente, del suo tempo e umbro che all’Umbria ha lasciato una grande eredità. Si è tenuto a Città di Castello, nello stracolmo auditorium di Sant’Antonio, l’incontro con Vittorio Sgarbi e… il celebre artista tifernate, Burri, del quale si celebra il centenario. A fianco del critico d’arte, il presidente del consiglio regionale uscente Andrea Lignani Marchesani, che ha introdotto la serata insieme al professor Alessandro Borghi. Una vera e propria lezione quella di Vittorio Sgarbi, non solo su Burri come artista, ma proprio sull’uomo. Partendo dai valori Cristiani e Morali, dalla religione, non tanto come atto di fede, quanto come valore morale che forma la civiltà, la società in cui si identifica un popolo, gli da un senso e una dimensione di attaccamento e appartenenza. Una conferenza alternativa, possiamo dire, che ha messo in evidenza nuovi punti di vista e nuove chiavi di lettura su Burri uomo, scandalosamente all’avanguardia per il suo tempo, politicamente scorretto, quanto uomo totalmente corretto. Vittorio Sgarbi ha messo in evidenza i valori universali, la dignità umana, che da sempre sono stati rappresentati dall’arte; valori cristiani come fondamenta di civiltà e cultura, e di come l’arte riesca ad andare oltre la religione, a sublimarla, grazie alla sua forza di rappresentazione. Una società che ha coscienza di se, ha coscienza storica, artistica, letterale universale, altrimenti, la società si smarrisce, si perde, perde i suoi punti di riferimento, si disperde e non torna più. Ma, come afferma Sgarbi, dopo 1.500 anni in cui l’arte ha evidenziato il bisogno di esprimere la spiritualità cattolica, e quella condizione così umana, che è Cristo, tutto il ‘900 appare senza Dio. Ecco, Dio, è morto! La civiltà che esce dalla II guerra mondiale, esce dalla distruzione assoluta. Vi è come una visione di fine del mondo, una civiltà azzerata. Un panorama inquietante. Ma da qui nasce la sensibilità di Burri, la sua visione del mondo. Burri ci da la cronologia del tempo in cui viviamo, con un legame profondo alla civiltà, e alla sua regione. Cerca di restituire la civiltà alla distruzione. Nelle sue opere il momento è irruento. L’uomo è già morto, è già al di là. L’arte non imita più la natura, ma è la natura che va ad imitare l’arte, come afferma il critico, la pittura si dissolve e i materiali usati dall’artista, che la sostituiscono, sono quelli che fanno parte del quotidiano: sacchi, plastiche, fuoco… non c’è più un supporto, una tela, ma una materia organica. È ascesi mistica, è una potenza che crea. Burri cerca di esprimere una natura, un aldilà che sia materia nella ricerca. Le sue opere d’arte, non rispecchiano più l’uomo, ma la sua dimensione umana e spirituale. Una dimensione mistica, in cui l’uomo non vede Dio, ma lo sente in modo assoluto; cerca di ricostruire la condizione umana, la civiltà dalla distruzione. Ed in questo, si legge tutto il grande senso di civiltà che Burri ha voluto trasmettere. Sono i gesti assoluti, quelli che vanno oltre, che portano alla metafisica la ricerca di Dio, una ricerca estrema. Burri, ha consegnato alla storia la condizione della sua ricerca artistica, come negli Ex Essiccatoi del Tabacco, dove si trovano 130 pezzi dell’artista. Museo che va a completare l’esposizione della Fondazione Palazzo Albizzini. Insomma, Burri, un artista universalmente riconosciuto. Un uomo che è stato capace di consegnare all’Umbria gli alti valori morali di una società. Un percorso fantastico, raccontato da Sgarbi, che ha occupato tutto lo spazio e il tempo della storia dell’arte, dall’immagine di Cristo quale simbolo concreto per la ricerca spirituale, fino alla ricerca spirituale che tocca la metafisica per arrivare a Dio. Un percorso tutto umano, proteso al divino. Concludendo con l’affermazione di Vittorio Sgarbi: “Burri, un grande artista”.

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