Gerardo Dottori: un paesaggio che diventa paradiso Che l’Umbria sia una terra in odore di santità, non è un segreto per nessuno

Gerardo Dottori-in
Gerardo Dottori

Oltre ai suoi paesaggi variamente declinabili, ella ci consente di apprezzare scordi di storia e d’arte che spesso sono al di fuori degli usuali percorsi legati al turismo religioso e non, e che possono riservare qualche sorpresa. Come nel caso della Chiesa dedicata a San Cristoforo che si trova sulla parte alta di Montesperello dominante la vallata e prospiciente l’abitato di Magione ed è a ridosso delle mura del Castello. Al suo interno è conservato un ciclo di affreschi di Gerardo Dottori realizzati nel 1948-1949 e che costituiscono un trittico dedicato a S. Cristoforo raffigurante la Conversione del Santo, il Traghetto di Gesù e il Martirio del Santo.
Gerardo Dottori, nato a Perugia nel 1844 ed ivi morto nel 1977 fu senz’altro uno dei rappresentanti di maggior spicco del cosiddetto “Secondo Futurismo”, che prese vita dopo la morte di Boccioni nel 1916 ed il contemporaneo passaggio di Carrà e Severini a soluzioni vicine al cubismo; eventi che determinarono di fatto lo scioglimento del gruppo milanese. Infatti il Futurismo, per quanto il Manifesto del movimento futurista fosse stato pubblicato su “Le Figaro” a Parigi il 20 febbraio 1909 da Filippo Tommaso Marinetti, almeno dal punto di vista della pittura e della scultura nacque e conobbe la sua fase più importante a Milano, città che tuttora conserva molte rilevanti testimonianze del Futurismo artistico, salvo poi diffondersi in ogni parte d’Italia, dal Trentino alla Romagna, dalla Sicilia all’Umbria con risultati ragguardevoli.
Ma cosa volevano di fatto i futuristi? Nato come movimento letterario artistico e politico, sosteneva un totale distacco dalla tradizione per aderire al dinamismo della vita moderna. Il movimento, cui aderirono – oltre ai già citati Boccioni, Carrà, Severini – anche Balla, Russolo, Prampolini, Depero e Antonio Sant’Elia cui si deve il “Manifesto dell’architettura futurista”, affermò la propria adesione ai nuovi temi della società moderna, industriale e meccanizzata, lodandone soprattutto gli aspetti della velocità, del progresso, della simultaneità nell’ottica di una più generale esaltazione dell’azione come motore primario della realtà.
Se in campo letterario i futuristi perseguirono l’“anarchia espressiva” che vedeva il verso libero e la disgregazione dell’ordito semantico, è in campo pittorico che i membri del movimento badarono soprattutto ad affermare il dinamismo dello spazio.
E ciò appare più chiaro nel “Manifesto dei pittori futuristi” (“Noi vi dichiariamo che il trionfante progresso delle scienze ha determinato nell’umanità mutamenti tanto profondi, da scavare un abisso fra i docili schiavi del passato e noi liberi, noi sicuri della radiosa magnificenza del futuro…” ) redatto l’8 marzo 1910 laddove si dichiarano in netta contrapposizione alla “pigrizia vile” dell’arte ufficiale, incapace di proporre consistenti innovazioni in campo pittorico; il loro rifiuto categorico si estende alle forme classiche di armonia e buon gusto, alla stanca ripetizione di soggetti convenzionali, all’imitazione basata sul culto passivo del passato. Il futurismo conia le proprie parole-guida: il “dinamismo plastico”, la “plasmazione dell’atmosfera”, la “compenetrazione” di piani e stati d’animo, come esemplificato dai più importanti capolavori futuristi (Carrà, I funerali dall’anarchico Galli, 1911; Russolo, Solidità della nebbia, 1912; Boccioni, Forme plastiche di un cavallo, 1913).
Ed è in questo contesto che s’inserisce per le sue implicazioni culturali ed estetiche, l’aeropittura futurista, che si afferma a partire da una mostra organizzata nel 1931 da Tato (nome d’arte di Guglielmo Sansoni, autore anche del Manifesto della fotografia futurista), e che somma al suo interno verità documentaria, simbolismo lirico e realismo cosmico. E della quale Gerardo Dottori fu il principale teorico e fondatore.
(“Mediante gli stati d’animo delle velocità aeroplaniche ho potuto creare il paesaggio terrestre isolandolo fuori tempo spazio nutrendolo di cielo per modo che diventasse paradiso”).
Come ci ricorda Vittorio Sgarbi “l’aeropittura volle significare lo schiacciamento del tempo e dello spazio. Il mezzo tecnologico, tipicamente futurista, consentiva infatti di eliminare, in linea di principio le distanze. La visione aerea è estranea alle consuete demarcazioni fra centro e periferia: una visione unitaria, superiore, una nuova prospettiva spaziale. Dall’altra parte, oltre allo spazio, l’aeropittura consentiva una diversa dimensione del tempo, inserendo la grande civiltà figurativa italiana, con tipica simultaneità futurista, entro una forma assolutamente moderna.”
Ed è così che Dottori per sua scelta, dopo una serie di intermezzi romani, il primo dei quali nel 1911gli consente di conoscere e frequentare Giacomo Balla, non si allontana più da Perugia in quanto sente l’esigenza “ di far vivere nei luoghi più appartati e legati alla tradizione, lo spirito moderno delle avanguardie”.
Ed è a Perugia che il Nostro inizia a muovere i suoi primi passi. Orfano di padre, compiute le elementari lavora presso un antiquario per circa quattro anni. Frequenta quindi l’Accademia di Belle Arti e, tra il 1904 e il 1905, inizia a dipingere secondo i dettami formali del Movimento Divisionista. Nel 1906 a Milano opera come riquadratore e pittore di stanze; poco dopo, disoccupato, è costretto a rientrare a Perugia. Nel 1911 fu invitato alla I Esposizione nazionale giovanile di belle arti a Napoli; alla fine dello stesso anno conobbe i futuristi romani e nel 1912 aderì al movimento. Il 9 apr. 1914 il D. e i suoi compagni organizzarono a Perugia al teatro Turreno una serata futurista, con la partecipazione di F. T. Marinetti. Pochi giorni prima si era inaugurata, a Roma, la I Mostra internazionale futurista, con la partecipazione dei D. a fianco dei maggiori esponenti del movimento da G. Balla a F. Depero, a E. Prampolini, ad Archipenko.
Nei quadri immediatamente precedenti lo scoppio della guerra e in quelli successivi, almeno fino al 1930, si avverte soprattutto l’influenza di Balla, ma si notano anche dei caratteri assolutamente originali: innanzitutto l’attenzione per la natura e il paesaggio, contrapposta alle tematiche “urbane” e meccaniche del futurismo, legata alla matrice umbra dell’artista. Al ritorno dalla guerra del 1915 – 1918 (durante la Grande Guerra scrive “parole in libertà” sotto lo pseudonimo di G. Voglio), fonda a Perugia la rivista “Griffa”. Nel 1923 decora gli interni del ristorante Altro Mondo di Perugia in via Caporali, precoce esempio di ambientazione futurista.  Nel 1926 si trasferisce a Roma, dove risiede fino al 1939 e collabora con diverse testate giornalistiche.
Nel 1939, rientra a Perugia in seguito all’incarico di docente alla locale Accademia di Belle Arti, successivamente, dal 1940 al 1947 dirigerà l’istituto. Abbandona l’insegnamento nel 1967. Gerardo Dottori è presente in 11 edizioni della Biennale di Venezia dal 1924 al 1942, dov’è il primo futurista a proporsi e viene regolarmente invitato a ogni Quadriennale romana fino al 1948 e a numerosissime esposizioni nazionali ed estere.
Con l’età e il successo prevalsero i lati meditativi del suo carattere: vivendo appartato nella sua città, il D. affinò il suo linguaggio in una serena esperienza formale, attenta ai valori della qualità pittorica ma pur sempre fedele agli originali accenti del dinamismo e della vibrante sintesi di colore e forma sperimentate fin dagli anni Dieci.
L’assunto fondamentale della sua ricognizione pittorica e grafica è la nuova elaborazione della prospettiva aerea, cosiddetta “a volo d’uccello”. Già adottata nel Rinascimento da Leonardo, viene ripresa in termini soggettivi e trasfiguranti, con scorci dilatati e multipli punti focali. L’immagine è scandita da vortici centrifughi e centripeti e dagli andamenti lineari. I princìpi di simultaneità, compenetrazioni reciproche di forme e il dinamismo, sono alla base della sua concezione futurista espressa nella velocità e nella compenetrazione di forme in movimento. La produzione dell’artista è sempre ispirata dal paesaggio umbro e spesso rivela una accezione lirica e naturalistica: ne è un esempio il dipinto “Primavera umbra”, un paesaggio visto dall’alto di una montagna per “immettere nel quadro più spazio possibile e per superare così il tradizionale orizzonte limitato da una linea orizzontale”. Il lago al centro del paesaggio è il Trasimeno e nel quadro non appare quasi completamente il cielo: esiste soltanto riflesso sulla superficie dell’acqua. Il punto di vista è ampliato a 360 gradi, a occhio di pesce (fish eye). L’opera è perfettamente rappresentativa di quel filone di paesaggismo dall’alto che caratterizzò in genere l’aeropittura e in particolare l’arte dottoriana che, attraverso la distanza e la deformazione prospettica, otteneva una visione della realtà trasfigurata e dinamica.
Molto rimane di Dottori nella nostra regione, e più in particolare nella provincia di Perugia. Dopo il secondo conflitto mondiale, visse alterne fortune. Come ci viene ricordato nel suggestivo volume Perugia nascosta, “al termine della seconda guerra mondiale G.D. si ritrovò in condizioni d’indigenza, ripudiato dalla gente che lo associava al fascismo, cui aveva aderito al pari di ogni futurista. Povero, fino al punto di non saper quasi cosa mangiare, ogni mattina saliva a bordo del suo motorino con una scatola di pennelli e barattoli di vernice, si metteva in moto e girava i vari paesi della zona del Trasimeno in cerca di qualche chiesa che avesse bisogno di una decorazione banale o anche di una mano di intonaco.[…]” Ma per avere testimonianza della sua opera è necessario andare alla ricerca di questi luoghi dove certamente l’impronta dell’artista va oltre il semplice operare per necessità.
E qui di seguito, chi scrive, grazie anche al contributo di un giovane dottorando, Alessandro Caravella, segnala alcuni di questi “tesori sommersi”; a chi legge, la voglia di ridestare la propria curiosità e percorrere strade che forse ha già percorso ma ignaro di quanto chiese, santuari, ville custodiscono.
– Chiesa di Sant’Antonio Abate (affreschi)
– Collegio della sapienza vecchia (Collegio Unico ONAOSI) (decorazioni refettorio)
– Cappella ex ospedale di Monteluce (affreschi)
– Palazzo Gallenga Stuart (ciclo di affreschi nell’aula magna, denominato “l’apoteosi di Roma”) In caso di aula chiusa, avvertire portineria
– Chiesa delle Suore di Gesù Redentore (sei scene ad affresco con storie della Vergine Maria)
– Tenuta Chiugiana a Chiugiana (decorazioni e affreschi)
– Villa Felicioni a Ellera di Corciano (pitture murali)
– Sala del Consiglio nel palazzo comunale di Magione (ciclo di affreschi dedicati al territorio e tavola raffigurante l’incontro tra Fra’ Giovanni da Pian di Carpine e il Gran Khan dei Mongoli)
– Chiesa di Santa Maria Annunziata a Montecolognola (affreschi nella cappella di Santa Lucia)
– Chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista a Magione (diverse opere realizzate nel biennio 1948/49 tra cui l’annunciazione dell’angelo alla Madonna, il battesimo di Gesù nel fiume Giordano e l’apparizione di Gesù a santa Margherita Maria Alacoque)
– Chiesa di Santa Maria Maddalena a Tuoro sul Trasimeno (decorazioni sull’abside)
– Edicola con Madonna con Bambino e Angeli a Magione
– Villa Mannocchi a Magione (decorazioni e affresco)
– Il Palazzo Condominiale (Palazzone) a Passignano sul Trasimeno (ciclo pittorico)
– Struttura in cui era collocato il ristorante “La Rotonda” a Passignano sul Trasimeno (decorazioni su muro e due opere su tavola)
– Palazzo Guercini  a Passignano sul Trasimeno (dipinti murali)
– Villa Barberini a Passignano sul Trasimeno (ciclo decorativo)
– Villa d’Olindia a Passignano sul Trasimeno (fascioni ornamentali)
COLOMBELLA – Casa Vantaggi (decorazioni)
FOLIGNO – Palazzo Clarici (tempere)
FOLIGNO – Cappella della famiglia Guelpa, nel cimitero di Foligno
VOCABOLO SAN MARTINO DI VASCIANO (TODI) – Cappella privata della famiglia Moretti   (pitture murali)
BETTONA – Chiesa di Santa Maria Maggiore (affreschi sull’abside)

Bibliografia
G. D. futurista, con scritti di F. T. Marinetti, A. G. Bragaglia, G. Acquaviva, G. Dottori, Milano 1966;
Dottori pittore totale, Marescalchi, Bologna 1993.
Gerardo Dottori futurista, All’insegna del pesce d’oro, Milano 1966.
Massimo Duranti, Gerardo Dottori nelle collezioni pubbliche e private, Ghelfi, Vicenza 1988.
Massimo Duranti (a cura di), Gerardo Dottori: opere 1898-1977, EFFE Fabrizio Editori, Perugia 1997.
AA.VV., Perugia nascosta – Guida psicogeografica della città di Perugia, Emergenze Publishing, 2016
D. futurista (catal.), a cura di V. Coletti, Perugia 1968;
C. Ponti-M. Duranti, Intervista su G. D., Perugia 1977;
V. Sgarbi, Il Novecento, Vol. I, La nave di Teseo 2018